Capitano quelle partite che si cube: “questa vittoria profuma di scudetto”. Ecco, esattamente al contrario, il pareggio di Cremona, per come è maturato, per il livello dell’avversario e per la consecutività delle recenti prestazioni in campionato, sembra proprio rappresentare il presagio che quest’anno molto difficilmente il Milan riuscirá a ripetere l’impresa della scorsa stagione. Non è per gli 8 punti di distacco dal Napoli che con 24 partite ancora da giocare sono tanti ma nemmeno tantissimi. Reggere il passo attuale della squadra di Spalletti period impossibile per chiunque e se gli azzurri non accusano un vistoso calo diventano davvero imprendibili.
Ma al di là di quello l’impressione è che il Milan non riesca a imprimere alle partite lo stesso ritmo furioso della scorsa stagione. O meglio lo fa solo in alcune partite. La sensazione è che in certi momenti, a Torino in modo lapalissiano, a Cremona pure, ma a tratti anche in gare vinte come contro lo Spezia, la squadra si senta più forte dell’avversario e che cominci a giocare “di braccio”, per usare un gergo tennistico. Come detto più volte il Milan di Pioli è diventato una grande squadra, superando pure i propri evidenti limiti tecnici, proprio perché riusciva a giocare sempre correndo a 200 all’ora. Appena questa squadra gioca a un ritmo “normale” le lacune vengono fuori. In modo chiaro e ineluttabile. A Cremona è successo esattamente così.
Diciamo che il turnover imposto da Pioli non ha aiutato. Già le assenze di Giroud e Theo non erano leggere. In più il tecnico ha deciso di buttare nella mischia il giovanissimo Thiaw, il sempre mediocre Ballo-Touré e addirittura di far esordire dall’inizio la difesa a 3. Il messaggio inviato alla squadra purtroppo è stato inequivocabile. Della serie: “Ragazzi a Cremona possiamo permetterci questi esperimenti, tanto è una passeggiata”. Errore gravissimo. Nessun campo di Serie A ti permette di fare una passeggiata, nemmeno quello della penultima e neopromossa. Errore ancora più grave se a commetterlo è una squadra come il Milan che ha fatto della rabbiosa determinazione e concentrazione il leitmotiv degli ultimi anni. Ed è così che è venuta fuori un’altra partitaccia, la seconda dopo Torino di soli 10 giorni fa. È vero in mezzo c’è stata la Champions che di energie fisiche e mentali ne sottrae tante. E ne sottrarrà anche a febbraio, in occasione della doppia sfida con il Tottenham. Ma la prestazione scialba di Cremona rimane inaccettabile. Anche se la squadra è comprensibilmente stanca, più di testa e che di gambe. Anche se period piena zeppa di seconde linee.
A questo proposito, dopo una serata così è inutile soffermarsi sui singoli. Ed è anche inutile accanirsi ancora su De Ketelaere in panchina. È chiaro che Pioli vuole lasciargli un altro periodo di decompressione e di abitudine alla nuova realtà calcistica. Lo riproporrà a gennaio con continuità e lí potremo davvero iniziare a giudicarlo. A nostro giudizio, fino a questo momento la vera delusione del mercato del Milan è Origi. A differenza di De Ketelaere ha un’altra etá e arriva da un campionato ben più competitivo. Per giunta proviene da uno squadrone che negli ultimi anni ha dominato a livello europeo. Quindi Origi non avrebbe dovuto subire nessun “trauma” da ambientamento, come invece può essere comprensibile per l’ex Bruges. Origi di occasioni ne ha avute e non si può certo dire che sia “timido” come il giovane connazionale. Anzi, tira in porta da tutte le posizioni. Volendo vedere tira pure troppo. E raramente inquadra la porta. Nelle partite giocate finora l’ex Liverpool ha tirato 15 volte verso le porte avversarie e ha segnato solo un gol. La sua percentuale dei tiri in porta è inferiore a un terzo delle conclusioni a rete. Una volta Carletto Mazzone, di cui ho recentemente apprezzato il meraviglioso Docufilm “Come un padre” spiegava la differenza tra chi tira in porta “per fare gol” e chi tira in porta “tanto per tirare”. Ecco, la sensazione, dopo questo primo scampolo di campionato italiano, è che Divock Origi faccia parte della seconda categoria mazzoniana. Speriamo sia solo un’impressione sbagliata.