Il caso Lukaku ha riaperto il dibattito sul problema del razzismo negli stadi italiani. L’ex difensore ivoriano del Messina, Marc Zoro ha dichiarato in un’intervista alla Gazzetta dello Sport: “Il razzismo è una piaga sociale da sconfiggere a suon di cazzotti, è un problema di cultura. Nella vita bisogna prendere posizione e io l’ho fatto più volte. Nel 2005 durante una partita con l’Inter presi in mano il pallone per dire: ‘basta, non ce la faccio. Adesso non gioco più’. Lukaku? Ognuno reagisce a modo suo. È chiaro che se giochi davanti a 50mila persone, e i tifosi iniziano a fischiarti, a fare il verso della scimmia e a tartassarti con quei maledetti buu razzisti, allora qualcosa scatta. Io a Messina sono esploso. Ero vicino alla linea di fondo, ho sentito di tutto e non ci ho visto più”.
“Bandire a vita chi fa cori razzisti? Forse no. In fondo anche gli ignoranti hanno diritto a una seconda probability. Io vorrei che queste persone riflettessero su quello che fanno. Sulle conseguenze che un gesto simile può avere non solo nelle loro vite, ma soprattutto in quelle degli altri. Provvedimenti durissimi. Intanto tenere fuori queste persone, magari per qualche anno, in modo che possano capire cos’hanno fatto. E poi chiudere lo stadio per almeno un mese. Non solo la curva, serve una soluzione drastica. Prima un mese, poi due, poi tre. Ogni volta che qualcuno si rende protagonista di questi gesti, come i versi della scimmia o gli insulti, si chiude tutto l’impianto e poi si ricomincia da capo. È questione di educazione, di rispetto e soprattutto di cultura”.
“Lukaku non meritava il cartellino rosso. Ha solo risposto a una provocazione ben più grave. Gli imbecilli ci saranno sempre. L’Italia non è un paese razzista, assolutamente. Ho vissuto anni meravigliosi. I razzisti sono pochi e vanno combattuti con ogni mezzo. L’unico problema è che purtroppo esistono persone poco intelligenti. Il razzismo è un cancro da estirpare con la forza, a testa alta, senza mai abbassare la testa. Nel 2005 avevo 22 anni e scelsi di fare così. Non potevo sopportare che a Messina, a casa mia, ci fosse qualche idiota pronto a insultarmi. Quindi ho preso il pallone. Fu un gesto istintivo. Non me ne sono mai pentito, lo rifarei a occhi chiusi”.